PREMESSA:
Nell'antica Roma, i banchetti costituivano un'occasione ideale di incontro e di socializzazione tra i cittadini, oltre al fatto che davano la possibilità, a chi vi intervenisse, di degustare prelibatezze di ogni tipo e di assistere a vere e proprie ''performances'' culinarie. In tale contesto, il padrone di casa aveva la possibilità di rendere manifesta a tutti, attraverso il lusso delle portate ovvero l'allestimento della sala da pranzo, la propria posizione sociale e garantirsi buona fama in quanto a banchetti e senso dell' ospitalità. Le lunghe liste di patti: primi, contorni e desserts, erano una buona occasione di incontro e di discussione sui più svariati argomenti, dal filosofico al faceto. Ma nel corso della giornata di un uomo Romano medio, non era certo la norma, quella di organizzare lauti banchetti ogni qual volta egli consumava un pasto. Di certo il momento più importante era la CENA (era in questa occasione che si aprivano le porte della propria casa all'ospite) ma erano tre in realtà i pasti consumati giornalmente. Quando, al canto del gallo, l’uomo romano si destava dal sonno, consumava un pasto piuttosto modesto, spesso sbocconcellando qualche avanzo della sera precedente, che i convitati erano autorizzati a portarsi via in un fagottino(senza il timore di sembrare inopportuni). Era questo il momento della colazione del mattino: IENTACULUM in cui si mangiavano pane, formaggio, a volte anche della carne e frutta. A metà giornata si svolgeva il PRANSUS, che era, in realtà, un rapido spuntino, un pasto frugale in cui a mala pena si toccava cibo. La CENA era invece il momento in cui il pasto si faceva più elaborato; cominciava verso le prime ore pomeridiane, dopo che ci si era recati nelle terme a ristorare le membra dalle fatiche della giornata. L'orario in cui terminava era sempre lo stesso, ragion per cui prima si iniziava a banchettare, più si straviziava. Al calar della notte, solitamente si poneva fine al banchetto. Secondo questa suddivisione della giornata, mangiare a mezzogiorno era davvero considerata una infamia! L’orario deputato era difatti l’ora nona (le tre ca.). Quanto al bere, durante i banchetti, 'eccedere' diventava la norma e naturalmente il vino, in tutte le vesti (mulsum, piperatum, ecc.), signoreggiava sulla tavola.e donne non erano ammesse nel triclinio, se non come flautiste, ovvero come cortigiane. Del resto gli argomenti di conversazione non dovevano essere sempre molto edificanti, per cui molti erano i padri severi che impedivano alle giovani figlie di partecipare ai banchetti, visti i turpiloqui che "fiorivano" spesso in questi ambienti. Quanto all'abbigliamento dei convitati, Petronio parla di abiti, i vestimena cubitoria, indossati appositamente in occasione delle cene, ed era un obbligo imprescindibile, prima che si cominciasse a mangiare, che gli schiavi provvedessero a lavare i piedi ai commensali, poiché essi indossavano calzature aperte, che si impolveravano facilmente. Gli ospiti, come avviene anche oggi, potevano portarsi qualcuno e costui era chiamato Umbra, e per lo più era un parassita, oppure un cliens. Oiginariamente il modo di mangiare era ben diverso: si viveva in capanne e si cucinava con un focolare rudimentale che permetteva di preparare un pasto frugale, il quale assicurava il sostentamento dei nuclei familiari che vi abitavano. Col passare del tempo arrivarono i mercanti Campani, Etruschi, Greci, e le usanze cambiarono, si diffusero i LETTI TRICLINARI, che furono importati proprio grazie all’afflusso di questi popoli.
ALIMENTAZIONE E CUCINA.
Diverse erano, presso le società primitive, la qualità e la quantità del cibo, a seconda dell'ambiente, di chi cacciava, coltivava, delle possibilità di scambi con i popoli vicini. A Roma, i gusti e le abitudini alimentari cambiarono col tempo e dunque non si mangiò sempre allo stesso modo. Nel periodo repubblicano, si viveva per lo più dei prodotti della terra e della pastorizia, e il cibo più importante era la polenta di farina di grano e farro con legumi,e si mangiavano ortaggi, quasi tutto l’anno. Questo costituì il pasto dei poveri anche quando, in seguito, i borghesi e i nobili potevano permettersi di mangiare cibi più raffinati e costosi. Dal II sec. a.C. l’alimentazione dei ceti più abbienti cambiò: si adoperarono, in abbondanza, spezie provenienti dall’Oriente, per insaporire, i cibi, salse e pesci. CATONE (234-149 a.C.) consigliava di preparare pasti semplici e genuini e nel De Agricoltura riportava ricette di cibi tradizionali come il Libum e lo Scribilita. ORAZIO mangiava con piacere cicorie e malva e, nella sua dieta, prediligeva cibi semplici e dai sapori genuini Ma sulla sobrietà finì col prevalere il fasto delle cene di Lucullo( cfr. Plutarco, Vita di Lucullo, 40-41), di Nasidieno ( cfr. Orazio, Satire, II, 8), o di Trimalcione ( cfr. Petronio, Satyricon). Molti scavi hanno portato alla luce mosaici, pitture e affreschi che descrivono ambienti e scene legate alla realtà quotidiana, ed in particolare sono frequenti le attestazioni legate alla sfera culinaria: la frutta ricorre soprattutto nelle nature morte, ma è possibile anche ritrovare affreschi che riproducono scorci ci cucine piene di utensili, oppure ricorrente è la rappresentazione di dolci, pollame e uova.
COME ERA FATTA UNA CUCINA.
La cucina era costituita solitamente da BANCONI IN MURATURA: adoperati come piani di lavoro e su di essi c’erano teglie, casseruole, griglie. Il FOCOLARE era il piano di cottura in muratura, realizzato con una fila di coppi all’esterno per evitare la caduta della cenere, la quale andava sotto il piano di cottura. I LAVELLI servivano per pulire le stoviglie: potevano essere bacinelle di legna o terracotta, oppure in muratura con apertura per far scolare l’acqua. Il FORNO era invece il luogo in cui si faceva cuocere il cibo più grosso e si potevano preparare anche pane e biscotti ( anche se di solito erano i fornai a preparare il pane).
COME SI CUCINAVA?
Innanzitutto si bruciava la legna e si preparava la brace, poi, stesa sul piano di cottura una parte di brace, la si copriva con della cenere per avere una temperatura più bassa. I cibi si potevano cuocere a temperature alte, direttamente sulla brace, oppure a temperature bassa, sulla cenere.
PASTI NELLA GIORNATA.
Tre erano i momenti in cui si mangiava in una giornata:
1. IENTACULUM: era il pasto del mattino a base di pane condito con sale, uva secca, olive e formaggio
2. PRANDIUM: si svolgeva alla sesta ora (mezzogiorno). Si mangiavano cibi caldi e pietanze fredde avanzate dal giorno prima.
3. CENA: era il pasto principale della giornata, iniziava alle 15:00 o alle 16:00 del pomeriggio e si protraeva per molto. La Coena o Cena consisteva in un Antipasto(Gustus), che era solitamente a base di verdura ; nella cena vera e propria( Primae mensae ) ricca di piatti a base di carne e pesce; e nelle Secundae Mensae ovvero i nostri desserts, a base di frutta fresca, secca e dolci. Su tutto signoreggiava una bevanda sola, in mille vesti diverse: il vino. Esso si presentava nella veste di mulsum nell’antipasto: mosto ovvero vino e miele, per assumere sapori ricercati e nuovi nel prosieguo della cena: spesso veniva aromatizzato fino ad assumere sapori che sarebbero inconsueti per il nostro palato attuale.
DOVE SI MANGIAVA?
Nei tempi più antichi si desinava nell’atrio della casa, vicino al focolare, dove si veneravano i Lari. Perciò, quando una stanza della casa fu adibita a cucina, fu consacrata a queste divinità. In età imperiale il luogo deputato allo svolgimento dei banchetti: il triclinio aveva spesso al suo interno le statue dei Lari. Agli dei della casa si rivolgevano preghiere, e si facevano offerte di cibo e libagioni. Agli spiriti dei defunti si lasciavano gli avanzi e i cibi caduti a terra.
SEZIONE BASILICATA
In Basilicata solo dal VI sec. appaiono servizi di tipo greco, funzionali al rituale del banchetto, basato cioè sulla cottura delle carni e sull’uso del vino. Questo attesta il coinvolgimento dei gruppi dominanti nella diffusione della cultura ellenica. Si chiamano Kylikes e Skyphoi, queste prime attestazioni di materiale da banchetto, comprese molte grattugie trovate nella zona. · Presso le comunità della Basilicata si nota l’eredità del mondo greco anche nella poetica del Symposion, in cui si beveva tutti assieme attorno alla stessa tavola, si recitavano versi, si raccontavano motti di spirito, si discuteva. · Tra gli utensili più ricorrenti in questi incontri simposiali, ci saranno il Cratere: simbolo delle cerimonie simposiali, La Lucerna: per i simposi notturni, la Grattugia: perché insieme al vino si mangiava anche del formaggio. Il Cratere, in particolar modo, era spesso dipinto con scene mitologiche e afferenti soprattutto il culto di Dionisio. I servizi per bere si arricchirono col tempo, e si aggiunsero le brocche per versare: fiasche, barili, colini in bronzo e in ceramica.
LA GASTRONOMIA NEL MONDO ROMANO